La giornata di oggi è stata forse la più difficile sia a livello di resistenza psicologica che di tragitto. Dopo aver lasciato Interlaken in direzione di Berna prima e Lucerna poi, ci siamo imbattuti in una serie di contrattempi. Il primo è la continua presenza di cantieri sulle strade Svizzere che, se sommati ai costanti limiti di velocità e ai semafori, diventano pesantissimi. Inoltre abbiamo avuto due fuori programma di cui uno non è andato benissimo.
Prima di continuare lasciate che vi spieghi in che condizioni viaggiamo. Noi due viaggiamo su una moto da 170 kg a secco. Piena di benzina, di borse e di tanta buona volontà. Facciamo circa 350 km al giorno. Nessuno dei due si distrae un attimo. Io controllo navigazione e strada, Laura controlla navigazione e strada. Nessuno dei due parla tedesco, nessuno dei due legge tedesco, nessuno dei due può permettersi la minima distrazione. Questo dalle 09 del mattino, fino alle 19 quando va bene, altrimenti anche fino alle 21. È bello, è divertente ma è anche molto faticoso. Quello che sto per raccontare è quindi un piccolo pezzo di storia e perdonatemi se la dividerò in capitoli.
LUEG: la strada di montagna.
Lasciata Interlaken, con la soddisfazione di esser riusciti a vedere Thun, ci si prospetta un percorso relativamente semplice. Arrivo a Berna e gita a Berna. Prima di arrivare, tuttavia, ci imbattiamo in un percorso di tutto rispetto, quello per Lueg. Dovete pensare che il limite varia dai 60KM agli 80 e quindi, dopo due ore, è normale esser colto da una stanchezza abbastanza insidiosa. Programmiamo con attenzione le pause per evitare nervosismi e pericoli. Ad un tratto il percorso devia su una stradina minuscola che, letteralmente, passa attraverso alle fattorie isolate dietro una valle. Un posto magico, credetemi. Tagliaboschi, produttori di vino e allevatori racchiusi in non più di venti casette lasciate alle spalle fino a raggiungere Lueg, un piccolo bar in cima a questo idillio di natura. Ci siamo fatti spennare per due espressi di cui, come immaginerete, avevamo bisogno. Non ci piace spendere e spandere ma voi intraprendereste tornanti di montagna sbadigliando?
Berna, Einstein e un po’ di delusione
Se Interlaken è stata deludente, Berna l’ha quasi raggiunta. Intendiamoci: gran bella città dal punto di vista architettonico eppure il centro altro non è che una sfilza di negozi dai quali ci siamo defilati per capire cosa restasse della città. Il campanile dell’orologio, il palazzo del Parlamento, la Cattedrale, la fossa degli orsi (che è chiusa fino a settembre), tutto molto bello ma il resto? Se paragoniamo il resto a tanti piccoli centri, beh non c’è paragone, vincono i piccoli centri. Più caratteristici, più tipici, più anonimi ma questo è normale. Abbiamo lasciato Berna un po’ delusi ma portando a casa molte foto, tra cui la casa di Einstein. Ecco quella è veramente una delusione: si parte da una gita di 6 franchi a testa (quasi 7 euro). Da visitare c’è un primo piano che è composto solo da 1 stanza (una sala da pranzo), e da un secondo piano che altro non contiene che dei pannelli luminosi sui quali ci sono delle informazioni di Einstein. Capirete al delusione, però andava obiettivamente vista.
Sorenberg: il fuori programma
Da questo momento in poi è iniziato “il panico”. Laura ha chiesto di andare a vedere una biosfera che, tendenzialmente, era sul percorso. Scopriamo che non era molto distante, ossia 30 minuti di moto ma in direzione completamente diversa da quella programmata. Decidiamo quindi di scalare questo monte fatto di tornanti sempre più stretti. All’inizio sembrava una strada di montagna normale, poi a furia di salire, le cose si sono rivelate ben diverse. Dopo aver saputo da una negoziante che la meta di Laura non era raggiungibile con i mezzi, ci siamo dovuti arrendere all’idea di raggiungere Hallwyl per vedere il castello. Ormai però eravamo troppo lontani e l’unica alternativa accettabile era scavalcare la montagna. Vi dico solo che in salita e discesa eravamo su corsia singola per doppio senso di marcia. Niente protezione alle curve. Gli svizzeri hanno uno strano senso della velocità: per quella strada avevano stimato 80Km/h ma a malapena si poteva tenerne 40. Arrivano a valle dopo 40 minuti, in tragico ritardo per la chiusura del castello e ci dirigiamo a destinazione nei limiti.
Il castello fantasma di Hallwyl: cedimento strutturale della psiche di Laura
Ebbene sì. Perché per arrivare ad Hallwyl bisognava circumnavigare Lucerna e poi allungarsi per un’altra ora. Peccato che alle 17:45 le autostrade sono come il Grande Raccordo Anulare di Roma in direzione Pontina: tutto bloccato per l’uscita dagli uffici. Per carità, un traffico più ordinato ma sempre a 10 all’ora si andava. Quando abbiamo lasciato l’autostrada Laura ed io non eravamo di ottimo umore. Quello è il momento in cui bisogna mantenere la calma perché devi sempre ricordarti che la tua sicurezza viene prima di tutto. Il problema (che spesso non capisce chi non ha una moto) è che per te il tragitto è tutto e quando non ti trovi sulla strada giusta, dopo oltre 9 ore, cominci ad avere dei momenti “difficili” (e fate attenzione alle virgolette). Quello di Laura consisteva nel dubitare del navigatore prima e di incolparsi di aver aggiunto la meta di Sorenberg dopo. Il punto è che non era assolutamente una cosa di cui incolparsi, ciascuno di noi vuole vedere delle mete, non ci sono problemi. L’importante è fare le cose con giudizio (direbbe mia zia). Il punto è ad Hallwyl, quando ci arriviamo, il castello non c’è. Laura non si è accorta che sulla guida il castello era posizionato vicino ad Hallwyl (30 minuti) e a quel punto ci siamo fermati per raccogliere i cocci. Troppi sensi di colpa piccola…ma chissene frega se tardiamo di 30 minuti o 60. Il punto è fare le cose per bene. Raggiungiamo la meta per scoprire che non è agibile, c’è una serata dell’opera ma riusciamo comunque ad entrare nel cortile esterno e fare qualche foto. Abbiamo fame, siamo sudati, siamo stanchi e abbiamo avuto una giornata difficile. Lei mi propone una cena, così tanto per farci spennare ma regalandoci una buona serata. Così sia, sulla strada del ritorno ci fermiamo su una terrazza che affaccia sul lago Hallwiller. L’umore si è risollevato alla vista di due piatti buoni e presentati bene, lei prende una buona birra io mi attengo all’acqua. Ripeto, ci vuole giudizio. Lei torna a sorridere, è brava e sta scoprendo molte cose di se stessa e di questo tipo di viaggio. Cose che fino a quando non le fai, non puoi neanche immaginare.
Hotel Grafenort: legno, ragni e insofferenza
Purtroppo l’arrivo non è stato dei migliori. Questo è l’ultimo albergo non appartenente ad una grande catena. Capirete quindi che ci si può imbattere in una ragnatela ma dopo una giornata del genere un ragno può diventare più che sufficiente per dare fuori di testa, soprattutto se sommato ad altri fattori. Dobbiamo passare due giorni in questo posto ma solo per dormire. Domani staremo fuori tutto il giorno e da dopodomani inizierà il lento rientro. Il meteo purtroppo non sembra essere dei nostri. Siamo abbastanza attrezzati per questo e siamo psicologicamente orientati all’idea di prendere dell’acqua durante gli spostamenti. Il punto è che se dovesse piovere tanto sarà necessario rivedere i percorsi perché di sicuro non è possibile effettuare tornanti come quelli di oggi con la pioggia a dirotto.
Mi dispiace non riuscire a dirvi di più ma stiamo fuori tutto il giorno e non abbiamo connettività. Negli alberghi spesso è lenta e per caricare delle foto impieghiamo anche tutta una notte. Come arriviamo la mia priorità è, stabilito il collegamento, farvi sapere che stiamo bene ma una cosa è certa: stiamo cercando di ottenere il massimo da questo viaggio e quindi è difficile che alle 18 siamo in albergo. È più probabile che prendiamo possesso della stanza e della connessione tra le 21:30 e le 22:00. È ora che io vada a coccolare la mia dolce metà che è stata davvero eccezionale.