Parliamo di confort zone…Qualche giorno fa un amico, neo-patentato, mi ha chiesto in che modo s’impara a viaggiare. È una domanda non propriamente facile a cui rispondere, soprattutto se consideriamo il fatto che “viaggiare” è un concetto che varia da persona a persona.
Viaggiare: cosa significa?
Viaggiare significa qualcosa di diverso per ciascuno di noi: nei tempi, nei modi, nei luoghi. Ogni persona ha un modo differente di viaggiare e, in teoria, tutti i modi andrebbero rispettati purché, ovviamente, siano fatti con intelligenza. Questo significa che andarsi a mettere nei guai di proposito è qualcosa che difficilmente concepisco come “viaggio” ma più come “stro**ata”. Viaggiare significa sicuramente entrare in un contatto più diretto con se stessi e questo avviene in modi ed intensità diverse a seconda del viaggio. C’è chi sostiene che viaggiare significhi stare da soli con se stessi, affrontare le proprie paure, le proprie incertezze, e c’è chi sostiene che viaggiare significhi fare enormi comitive con le quali rimanere sveglio fino a tardi. Non c’è un “tipo” giusto di viaggio ma, sicuramente, possiamo dire due cose.
- Il tipo di viaggio è condizionato dal luogo che andrete a visitare.
- Il luogo condiziona il vostro comportamento, nelle piccole e nelle grandi cose.
Infine vi è un punto in comune in ogni tipo di viaggio.
Viaggiare è uscire dalla confort zone
Questa frase viene direttamente da Steph Jeavons, che vedete in foto. Si tratta di una motociclista rinomata per molte imprese più o meno estreme, tra cui il giro del mondo su una 250 ma torniamo a noi. Che diavolo è la confort zone?
È l’area in cui vi sentite sicuri, nella quale “non succede nulla” e che vi separa da quella che potreste definire “avventura”. Quando eravate piccoli era la vostra stanza, la casa dei vostri genitori. Ora potrebbe essere la vostra città, il vostro paese. Nel mio caso, ad esempio, la confort zone in moto è l’Europa: moneta unica, te la cavi con l’inglese, insomma un’enorme “recinto” bellissimo rilassante ma pur sempre recinto.
Quando uscire dalla confort zone? Mi sembra evidente: quando si è pronti, quando si è accumulata un po’ di esperienza, quando si capisce quale sia la propria confort zone ma bisogna farlo, bisogna uscire e non serve uscire iniziando con un viaggio enorme, è sufficiente iniziare a piccoli passi. Sarà una sorpresa vedere come reagirete alle avversità.
Per alcuni è un confine, per altri una condizione metereologica
Fuori piove a dirotto, davanti a voi si snoda un viaggio di 100 chilometri che vi farà abbandonare la vostra casa e vi porterà tra vallate e montagne. In altre condizioni sarebbe uno scherzo fare quella strada eppure, quando infilate la chiave nel quadro, cominciate a sentire una sensazione di “disagio”. Non è quello che vorreste, non vi sentite “tranquilli”. Ecco, anche quello ha a che fare con la confort zone: sarete voi a misurarvi con voi stessi e lo farete in una condizione non esattamente favorevole. Per tutto il viaggio avrete un livello di coscienza più alto: un’attenzione maniacale ad ogni dettaglio, ogni buca, ogni asperità, ogni flessione nel suono del motore. Imparerete da voi stessi e, quando arriverete sarete diversi. Sì, sarete fradici e forse avrete freddo, ma sarete diversi. Il livello della vostra confort zone si sarà ampliato.
A me è capitato durante il nubifragio in Francia. Vi ripropongo il pezzo:
Appena lascio la zona del Frejus il cielo si fa più scuro e nero e, dopo l’ennesima rotonda (di cui i francesi sono innamorati perchè ci sono solo rotonde qui), improvvisamente succede l’incalcolabile. Una grandinata che è durata un’ora e mezza. Ho alcuni lividi anche perchè, in tutto questo, io viaggiavo con l’armatura che è composta da una retina su cui sono attaccate le protezioni. Quindi viaggiavo in maglietta. Al di là della grandine, che può essere affrontata, il problema è stato il vento che alzava l’acqua dall’asfalto e te la sbatteva in faccia. Inoltre, come se non bastasse, è saltata la copertura satellitare e quindi mi sono ritrovato isolato senza la capacità di vedere ad un metro di distanza. Infine c’è stato il delicato problema dell’abbattimento termico che ha portato in appena 20 minuti al temperatura da 23 gradi a 14. Tutto questo, come dicevo, per un’ora e mezza. Inutile dirvi che c’è stato un momento di sconforto quando, non riuscendo più a vedere la strada ed avendo dietro uno stronzo che si è cimentato in un sorpasso, ho accostato sulla destra (spiazzo in cemento) e si è aperto l’asfalto. Avete letto bene, si è letteralmente aperto l’asfalto sotto il quale c’era acqua. L’unica cosa che ho potuto fare è stato tirarmi leggermente in piedi sulla moto, pregare i santi Brembo e Metzler e quando ho sentito il GS andare giù nel buco ho pregato che la sospensione anteriore non andasse giù a pacco […] (Leggi l’articolo originale)
Quando tornai dalla Francia il mio stile di guida era cambiato. Avevo capito che la mia resistenza era superiore alle mie aspettative e che, tutto sommato, la mia percezione (o sesto senso) delle condizioni esterne non era male per niente.
Non a caso, proprio in quel viaggio, evitai lo stesso nubifragio che, nel frattempo, aveva raggiunto la Liguria. Ricordo che mi alzai dal letto, guardai fuori e capii che dovevo levare le tende…in fretta. Mi liberai del mal tempo solo vicino a Bologna.
Per alcuni la confort zone è un confine oltre il quale è meglio non andare. Tutti noi abbiamo provato e proviamo quella sensazione. Il primo viaggio in moto oltre il confine nazionale ad esempio. Per altri invece la confort zone è uno stato difficile da abbandonare, la prima solitaria notturna, il primo sterrato…ossia tutte quelle condizioni che non ti fanno sentire sereno.
La filosofia della confort zone è semplice: se riesci a sentirti sereno dopo che l’hai lasciata vuol dire che sei cresciuto e la moto è speciale in questo. La moto ti obbliga a reinventarti in ogni situazione, a scendere a patti con te stesso, con i tuoi limiti, a guardarti in faccia senza pietà o senza falsi moralismi.
Vince chi ha il tasso di adattabilità più elevato e sapete qual è la cosa più bella? È che quando sei fuori dalla confort zone inizi a parlare. Comunichi con lo straniero e racconti e senti storie ed è in quel momento che vivrai veramente ma per farlo dovrai metterti in gioco.