Er vecchio

Quello che state per leggere è successo oggi a pranzo, nell’assurdità di una situazione onirica tipica dei fratelli Cohen.

Allento la cravatta, levo la camicia e indosso abiti più comodi per tornare a Roma. Mi separano circa ottanta chilometri da casa ma il problema non è questo, bensì il terribile caldo che imperversa senza pietà. Quando parto, i paesi che attraverso sono deserti, come se l’afa avesse cacciato tutti a calci. Uno dopo l’altro li attraverso tra tornanti in cui l’unico altro viandante è un randagio che mi guarda un istante prima di buttarsi sotto l’ombra della chioma di un nocciolo. Oggi quel randagio ha tutta la mia ammirazione ma devo proseguire mangiando asfalto bollente, inseguendo un riverbero irraggiungibile degno del film Mad Max. Trovo coraggio e guardo il cruscotto: il mondo ha la febbre oggi 38.5 gradi centigradi.

«Cristo santissimo, l’inferno è arrivato sulla terra» commento tra me e me.

Appare il cartello della stazione di servizio e scalo due marce per infilarmi come una freccia nello spiazzo. A parte me, solo un operaio con le palpebre abbassate come tapparelle e una birra stanca tra le dita tozze. Il camion parcheggiato è di quelli grossi e potenti, “traporto profilati di metallo” dice l’etichetta sulla portiera grande quanto una matrona romana.

Levo il casco, guanti, giacca e sento il calore avvolgermi come fosse una serpe. Non si respira ma dentro c’è l’aria condizionata e devo resistere ancora pochi secondi. Il suono scoppiettante di un due cilindri mi raggiunge facendomi capire che un altro motociclista sta arrivando ma c’è qualcosa che non va….procede troppo piano. Giro lo sguardo e lo vedo a bordo di un’Harley Davidson vecchia quanto il mondo, scintillante come la porta di un bordello (come direbbe qualcuno).

È cavalcata da un uomo anziano, ha un’espressione persa nel vuoto. Sembra che la moto sia un cavallo che al passo si avvicina quasi per inerzia e all’ultimo tira il freno. Lo fisso perchè qualcosa non va, il motore si spegne lasciandoci immersi in centinaia di cicale ansiose di cantare la musica del caldo estivo.

«Ragazzo…non riesco più a tenere la moto. Fa troppo caldo, aiutami a scendere.»

«Quanti anni ha?» dico avvicinandomi lentamente all’Harley.

«78 e l’unica cosa di cui sono certo è che preferisco lei alla mia ex moglie» dice accarezzando il serbatoio con l’unica mano senza anelli.

«Ecco, molto bene…scenda, gliela parcheggio io.»

«Piano però, merita rispetto. Lei non mi ha mai lasciato.»

«Già»

Ci scambiamo la posizione e a folle correggo la traiettoria di mezzo metro circa. Lui è in piedi ma non riesce a tenere l’equilibrio, sembra ubriaco e penso che a breve mi collasserà lì in mezzo al piazzale e a giudicare dall’età probabilmente rimarrà lì steso.

«Ti offro qualcosa» dice per ricompensarmi.

«Non è necessario»

Io non amo molto il contatto umano ma sento di dovermi sincerare che stia bene pur non essendo medico. Così lo invito ad entrare per primo nella stazione di servizio deserta ma condizionata.

«Ecco er vecchio…»

Dice una voce gracchiante da una porta che separa il locale dalle cucine.

«Acqua….per favore.»

«Arrivo subito» dice un biondino che esce asciugandosi le mani sulla parannanza.

Non mi rendo conto che sono rimasto in piedi a fissare quel vecchio che probabilmente non arriverà alla fine del mese per come è messo.

«Per il mio amico qualcosa…cosa vuoi?»

«Non c’è bisogno.»

«Non fare così, mi hai aiutato e poi mi ricordi qualcuno.»

«Un the freddo al limone per favore.»

Oggettivamente avevo bisogno di qualcosa di fresco e di zuccheri. Il vecchio nel frattempo si porta il bicchiere alla bocca tremando, cristo se fosse nitro saremmo già saltati per aria venti volte.

«Bevi piano vecchio che altrimenti ce resti….»

Guardo il biondino con un’espressione di probabile sdegno mista a stupore. Ma come è possibile comportarsi così? Ma poi questo…chi cazzo è? Il motociclista si gira verso di me.

«Mi ricordi me, guidavo come te…senza meta, in mezzo a strade immerse dal caldo dell’inferno. Poi ho conosciuto la mia ex moglie ed è andato tutto in malora.»

«Cosa è successo?»

«Io mi sono innamorato di lei, lei si è innamorata dell’idea di me e ha capito troppo tardi che eravamo due cose differenti. Se ne è andata lasciandomi da solo e portandosi via metà della mia vita.»

«Ma lei ha la sua Harley»

«Si chiama Viola, come il fiore che le regalai la prima volta che la corteggiai.»

«Bel nome.»

«L’avrei voluto dare a nostra figlia, ma quando mi decisi…lei se ne andò, ma che ne vuoi sapere. Tu sei ancora un ragazzo.»

E invece un tuono risuonò nel mio cervello e qualcosa deve essersi intravisto dietro lo sguardo perchè io ebbi la sensazione di esser rimasto immobile ma lui si bloccò, posò il bicchiere e fece un passo.

«No, è successo anche a te?» ma io non risposi perchè la cosa stava diventando troppo personale ed io non condivido «Scappa ragazzo, scappa e non fermarti. Fai benzina e scappa, scappa più lontano che puoi tu che puoi ancora avere la rabbia per affrontare il mondo. Non fare come me. Scappa.»

Ecco, io sono rimasto immobile come un coglione mentre, neanche a farlo a posta, alla radio mandavano Battisti (che stavo sentendo ieri in notturna). La strofa si sente chiaramente nella radio.

Prendo dalla moto il nostro letto, stendo a terra il telo, ora alza gli occhi al cielo e dimmi, quanto mancherà al tramonto…

È come se, improvvisamente e in una sola frase, quel vecchio abbia analizzato gli ultimi sette mesi e il tutto in una cazzo di stazione di servizio in cui mi fermo ogni volta e non succede mai niente. Paga alla cassa e poi mi viene davanti.

«Lo so che cosa ti è successo, lei si è presa parte della tua vita e nessuno te la potrà più dare indietro. E il tuo amore per lei è stato usato come tappeto per pulirsi le scarpe, scappa ragazzo.»

Lo vedo uscire sentendo ancora lo sfiato di qualche dente malconcio nelle narici ma giuro davanti a Dio che sono rimasto impietrito per tutto il tempo. Con fatica tira via il cavalletto e riparte con lentezza. Mi avvicino al bancone e chiedo al biondino di farmi mangiare, sto per sedermi ma poi mi giro.

«Chi è?»

«Er vecchio? Un matto, da quando s’è separato con la moglie ha dato fuori di testa. Lei gli ha levato tutto, c’ha solo la moto e qualche schioppo de vita….ah si quel catorcio di moto. Ogni tanto piagne ancora per la moje…pensa te che fallito. A me sta gente così me fa solo rabbia. Matto col botto eh?»

«…no….non direi…»

Mi siedo al tavolo mentre Battisti continua a cantare.

Quanto mancherà al tramonto, ci vuol buio a questo punto…

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