Raccontarvi cosa è successo oggi in poche righe è impossibile. È stata davvero dura ma anche questa è stata un’esperienza. Attualmente sono ad Arles, in albergo. Tra qualche ora inizierò il mio giro turistico per la cittadina. Questa mattina, dopo il the di cui ho accennato su Facebook, sono partito guardando il cielo ed essendo molto dubbioso sul tempo. La situazione, in realtà, è migliorata sulla stupenda DN7 che, grazie al consiglio di Antonio, mi ha regalato dei paesaggi superlativi, ma ciò che è successo questa mattina mi ha messo a dura prova.
Appena lascio la zona del Frejus il cielo si fa più scuro e nero e, dopo l’ennesima rotonda (di cui i francesi sono innamorati perchè ci sono solo rotonde qui), improvvisamente succede l’incalcolabile. Una grandinata che è durata un’ora e mezza. Ho alcuni lividi anche perchè, in tutto questo, io viaggiavo con l’armatura che è composta da una retina su cui sono attaccate le protezioni. Quindi viaggiavo in maglietta. Al di là della grandine, che può essere affrontata, il problema è stato il vento che alzava l’acqua dall’asfalto e te la sbatteva in faccia. Inoltre, come se non bastasse, è saltata la copertura satellitare e quindi mi sono ritrovato isolato senza la capacità di vedere ad un metro di distanza. Infine c’è stato il delicato problema dell’abbattimento termico che ha portato in appena 20 minuti al temperatura da 23 gradi a 14. Tutto questo, come dicevo, per un’ora e mezza. Inutile dirvi che c’è stato un momento di sconforto quando, non riuscendo più a vedere la strada ed avendo dietro uno stronzo che si è cimentato in un sorpasso, ho accostato sulla destra (spiazzo in cemento) e si è aperto l’asfalto. Avete letto bene, si è letteralmente aperto l’asfalto sotto il quale c’era acqua. L’unica cosa che ho potuto fare è stato tirarmi leggermente in piedi sulla moto, pregare i santi Brembo e Metzler e quando ho sentito il GS andare giù nel buco ho pregato che la sospensione anteriore non andasse giù a pacco. Fortunatamente è andato tutto bene. La moto si è comportata egregiamente ed ho potuto provare a ristabilire la connessione satellitare. Il mio passaporto è fradicio perchè un’ora e mezza di grandinata l’ha retta solo la borsa stagna ma non c’erto il marsupio anche se ad elevata tenuta. Dopo un’ora e mezza le cose sono leggermente migliorate. La temperatura è salita di circa mezzo grado ogni dieci chilometri e infatti, vicino Arles, l’asfalto era abbastanza asciutto. In compenso io sono fradicio fino al midollo, dopo aver guidato con gli spasmi del freddo. Mi permetto, a questo proposito, di dare un consiglio a chi non ama guidare con la pioggia (cosa che a me riesce decentemente e non so neanche il perchè). Non preoccupatevi dell’acqua, del fatto che vi bagnate o delle cose che si rovinano. È acqua, non è acido e nessuno dei danni che l’acqua arreca alla vostra attrezzatura può ripagare la vostra salute. Concentratevi solo sulla moto, sentite le vibrazioni e ogni comportamento anomalo. Vi assicuro che questa cosa vi farà tornare a casa e se non ce la fate: fermatevi, però…rimanete sempre estremamente lucidi. Mentre ero in un rettilineo, come spesso accade in quei momenti, ho sentito un motivo di sconforto. Vi assicuro che non vedere ad un metro dal vostro naso, con il cielo che copre il sole e rende tutto buio, è tremendo e l’idea di dover fare 3 ore di viaggio così lo è anche di più. Ebbene, in quei momenti dovete rimanere lucidi. Pensate a tutto ciò che serve ma rimanete lucidi. In quel momento, l’unica cosa a cui ho pensato, è stato a riportare a casa la pelle. Non importa quanto ci mettete, non correte, non importa. Portate solo a casa la pelle. Quando ho sentito che la moto ce la faceva, allora ho pensato che se lei non mi stava mollando…io non avrei mollato lei. Avevo pensato di chiamare un’amica per avere informazioni aggiornate sul meteo ma sarebbe stato inutile. Fidatevi del vostro istinto. Ormai l’acqua era entrata nei vestiti, cosa avrebbe cambiato sapere se la pioggia sarebbe finita da lì a poco? O sarebbe durata altri 30 minuti? Alla fine ce l’ho fatta e la seconda parte del percorso è stata meravigliosa.
– Nel frattempo la gente entra nella hall e mi guarda come un marziano per via dell’armatura –
Se vi state chiedendo come mai non mi sono fermato sotto qualche tettoia, ve lo spiego subito. La strada su cui ero, la DN7, non ha spazi coperti, non nel tragitto che ho fatto io e l’alternativa era provare a ripararsi sotto un’albero (non consigliato ma anche inutile con quell’intensità d’acqua). Alla fine, proprio perchè non me n’è fregato niente, ho preso a marciare di buona lena (60-70 Km/h) fino a che non ho superato la zona montuosa e non sono sceso verso ad Arles. La situazione si è calmata a St. Maximin. Invece di andare subito in albergo mi sono diretto verso Saint Marie de la Mer. Il posto è veramente carino, un paesino sul bordo del mare con casette a schiera e colori accesi. La strada per arrivarci passa per le saline ed è veramente gradevole. L’unica cosa che non mi ha fatto impazzire è che essendo ad alta densità turistica, alla fine tutto è pieno di turisti urlanti a destra e sinistra. È come se avessero messo un migliaio di turisti dentro un il paesino della signora in giallo. Però vale la pena farci un giro. Tornando indietro ho scattato qualche foto e mi sono diretto, per l’appunto, in albergo. Non sono stanco ma ho la cervicale abbastanza provata dalla tensione nervosa della guida. Un aulin non me lo toglie nessuno e poi una doccia calda, vestiti nuovi e via a girare per Arles. Vi tengo aggiornati.
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