L’acqua scroscia senza sosta. La fronte appoggiata al muro, le gambe stanche, mille pensieri, mille ricordi. Tiriamo le somme personali su questo viaggio.
Tornare non dispiace, emoziona. Questo è giusto che lo sappiate. Laura ed io abbiamo conosciuto persone che hanno detto peste e corna del nostro Paese. Si, forse svegliarsi alle 7 del mattino non è il massimo ma c’è decisamente di peggio, eppure molte persone annoverano anche questo come motivo in più per parlare male dell’Italia. A noi l’Italia piace, con i suoi pro e i suoi contro. Tornare emoziona per questo: per gli odori, la voglia di casa, la pasta, le tradizioni e tutte quelle cose che, in un certo senso, qui avvertiamo ma non riusciamo a vivere a pieno. Siamo viaggiatori, la nostra integrazione dura 2-3 giorni, poi si rifanno i bagagli e si va da un’altra parte.
La cosa bella è…
Incrociare la vita di tante persone. Adoro entrare e uscire dalla vita di persone speciali, gente che vive con passione la propria professione. Sorrido al pensiero di Cristian, l’albergatore che sta per diventare papà, o di Damian e Rosio che stanno iniziando ora l’attività professionale e ci hanno accolto e trattato con tutti i crismi.
Percorrere strade isolate. Probabilmente uno dei ricordi più forti di questo viaggio è la Sierra Nevada e la pausa fatta al bar Monterey. Il vedere la cameriera lavorare con tranquillità in quella che noi potremmo definire “una frazione di una frazione”. Prendere, ripartire in silenzio e percorrere strade che salgono e scendono da paesaggi stupendi, passando dietro a maestose e lente pale eoliche che spuntano giganti da dietro una curva.
Sbirciare nei discorsi. Fingersi straniero tra gli italiani, ascoltare e, semmai, aiutare o farsi riconoscere. Sentire i discorsi dei passanti, i loro commenti sui monumenti o sulla vita cittadina. Con orgoglio essere scambiato per uno del luogo, per un abitante.
Sentire gli odori e i sapori. Passando per strade più o meno affollate, provare nuovi gusti cercando di non farsi condizionare dai ricordi o dalle impressioni.
Pensare alla famiglia e agli amici. Magari per un’insegna, per una scritta, un monumento, una somiglianza con una persona. Sapere che a migliaia di chilometri tu pensi a qualcuno che per te è speciale. Lui magari non sa…ma tu sai che per te lo è.
Vivere e passeggiare nel tempo. Due scatti e poi camminare e fissare dipinti. Osservarne i dettagli fino ad avere la sensazione che siano vivi. Fino a percepire l’idea emotiva del pittore, dell’architetto, dello scultore. Sentire timore e riverenza nell’entrare in templi, fortezze, chiese che non sono nostre. Non appartengono al nostro tempo. Ci sono state donate da chi le ha costruite e spesso ne facciamo un uso improprio. Osservarle il più possibile, scoprirne i segreti.
Le cose brutte…
Sentirsi lontano da casa. Non abbiamo una famiglia di cui vergognarci, di cui dire “meno male che siamo lontani”. A noi le nostre famiglie mancano e ci spiace non poter condividere le cose con loro.
La maleducazione turistica. Perchè camminare in mezzo ad un parco e vedere l’inglese, il francese, l’italiano, che buttano carte, mozziconi, bottigliette, fa veramente male. Fa capire quanto poco abbiamo capito di ciò che abbiamo attorno.
Gli scazzi. Fidatevi, sono necessari ma fanno male. Laura ed io siamo esperti, li abbiamo e risolviamo in poco tempo, un’oretta al massimo. Però gli scazzi fanno perdere tempo e nel viaggio il tempo è importante.
La fame e la sete. Perchè non dovrebbero essere augurati neanche al peggior nemico. La pelle senza acqua si spacca e sanguina, fidatevi non è assolutamente gradevole.
Malinconia
La doccia finisce, l’acqua smette di fluire nei tubi. Lo scarico svuota il piatto doccia e tu resti lì, immaginando cosa stanno facendo le persone a cui vuoi bene ma anche quelli che hai incontrato. Immagini Damian e Rosio intenti a mandare avanti l’albergo. La signora a cui hai scattato la foto all’Alhambra con il marito che tornava dalla figlia. Le mancava così tanto. Immagini i due milanesi che viaggiano in jeep e tenda, intenti a continuare il viaggio in un modo che…ragazzi…chapeu. Alle 3 del mattino a dormire in jeep, o a piazzare al tenda dove capita. Incroci tante vite di persone fuori dall’ordinario o semplicemente gradevoli e poi via…svaniscono così.
Ma…
Poi si accende lo schermo del telefonino. Un messaggio su Whatsapp. È lui, Z. la persona che aiutò me e Laura in Svizzera a mettere a posto la catena (qui il post). Gli avevo mandato un messaggio ad un anno di distanza per salutarlo. Per la verità durante l’anno gliene avevo mandati diversi. A questo ha risposto. Tanti complimenti, la felicità di risentirci e allora sai che per quanto il tempo possa passare, riesci sempre a fermare qualcuno…qualcosa…un po’ come quando il letto del fiume ferma e blocca qualche legno trasportato dalla forza dell’acqua.
Tornare a casa
La mia estate si concludeva sempre con un brano: “Vento d’Estate” di Max Gazzè. È un brano molto malinconico a dire il vero ma racchiude un’atmosfera abbastanza onirica. Tornare a casa diventa l’ultima impresa quando sei ormai stanco, le gambe non ti reggono, la barba è lunga, i capelli anche, sei sudato, sporco ma soprattutto, quando non te ne frega più niente degli altri. Quando orde di turisti con ombrellini pieghevoli, borsette strane e souvenir dubbi, salgono sul traghetto e ti guardano come fossi uno straccione e tu sei fiero di questo. Sì perchè tu hai vissuto, respirato la vera aria spagnola…hai campato di emozioni, hai sentito l’arsura, ha viaggiato fino allo stremo.
Ricordo che in Francia una donna mi chiese che viaggio stessi facendo. Avevo lo sguardo stremato perchè mangiavo poco e male per risparmiare (il giorno dopo avrei avuto un calo di zuccheri). Glielo spiegai senza curarmi di mettermi a posto i capelli, o darmi un tono e lei mi confessò di essere affascinata da quel look così trasandato…da esploratore. Di lei non mi interessava nulla…pensavo al rientro, alle gambe stanche e alla testa che si distraeva troppo presto.
Tornare a casa è il sigillo. La firma su una lettera, la ciliegina sulla torta, l’acmè dell’impresa e non è affatto una conclusione…è solo un nuovo principio.
Viaggiare è stupendo anche perchè c’è sempre una casa, una famiglia e degli amici dai quali tornare.