Questa non è una recensione di viaggio. Se volete leggere il viaggio di Totò e Peppina vi consiglio, caldamente, di visitare il loro sito web. Credetemi perchè vale la pena. Questo articolo è una riflessione.
Il 26 settembre, Peppina pubblica una nota sul suo Facebook che io leggo solo oggi. La nota è reperibile qui, comunque ne estraggo alcune parti per inserirle in questo articolo.
La mia maglia gialla e il mio inutile reggiseno non riescono a seppellire questi minuscoli capezzoli che sembrano voler uscire fuori a tutti costi. Non so come mettere le braccia, l’unica cosa che mi sembra giusta sono i miei stivali da moto: forti, resistenti coprenti. Voglio un velo, un vestito lungo che mi copra tutta e faccia scomparire più che la donna, l’occidente che è dentro di me.
Mi sento nuda, guardo le donne coperte che passano, le trovo molto più sensuali di me, avvolte in questi cappotti eleganti, l’unica cosa che hanno scoperte sono le caviglie, che diventano nel mio immaginario oggetto di un erotismo domestico tenuto ben nascosto.
La televisione del bar manda notizie della guerra in Iraq, ma stavolta non è come stare a casa alle 20 davanti al Tg1, questa volta la guerra ce l’hai a poco più di 200 km, non l’annusi non la senti ma sai che c’è.
Questo è viaggiare signori. Comprendere di aver superato i confini, essere entrati in una cultura diversa e volersi immergere in quella cultura, se non altro per non “disturbarla”. Le esperienze di Peppina, in un certo senso, sono ancora più interessanti di quelle di Totò. Come donna si trova a doversi confrontare con un’esperienza nuova e assolutamente immersiva. Vi consiglio di leggere le loro esperienze, mi limito solo a questo e chiudo con una frase della stessa Peppina che, secondo me, racchiude il segno di ogni viaggio.
Vorrei chiedere al tipo del bar per scrivere tutto questo. Non lo faccio, sto ferma, osservo, respiro.