Questa mattina la mia azienda è rimasta chiusa e quindi ho sfruttato il ponte per andare a visitare le Gole dell’Obito. Avevo voglia, in effetti, di perdermi in qualche paesaggio naturale ma che non fosse troppo lontano per rientrare e postare con calma foto e video. Vi racconto questa fantastica avventura che non è andata esattamente come immaginavo.
Che cosa sono le Gole dell’Obito
l Fosso dell’Obito taglia da est a ovest la dorsale montuosa, separando il rilievo del Navegna da quello del Cervia. Il suo bacino idrografico ricade tutto nella Riserva dei Monti Navegna e Cervia. Il fosso dà origine ad una valle apparentemente anomala, che nasce aperta e termina in una gola. La causa sta nel fatto che nella parte alta del bacino, a oriente, affiora del flysch (arenarie stratificate miste ad argille), una roccia relativamente “tenera” e molto predisposta al modellamento da parte dell’erosione atmosferica; nella zona più occidentale e bassa, verso Ascrea, invece, vi sono dei banconi più compatti e tenaci di calcare su cui l’erosione si concentra solo in alcune zone, dando luogo a forme scoscese e ripidi pendii vallivi. Il nome Obito deriva probabilmente da “oves” (pecore), a segnalare un antico varco fra i monti per la transumanza delle greggi. Gli ambienti isolati e proibitivi della forra ospitano diversi tipi di vegetazione e sono frequentati da specie rare e sensibili quali il Falco pellegrino e il Merlo acquaiolo. (Fonte: Regione Lazio)
A vederle le gole (o il fosso) sono visitabili effettuando una strada che taglia il Monte Navegna ed il suo parco naturale. Si tratta di una strada dall’asfalto bianco ma compatto, al punto che potrete percorrerla persino con Google StreetView che, come saprete, generalmente non batte strade bianche. Questo significa che apparentemente la difficoltà del percorso sembrerebbe minima. Purtroppo le cose sono andate diversamente.
Cosa è successo: tra imprevisti ed esperienze fantastiche
La gita di oggi non è andata come speravo. Per certi versi è andata peggio e per altri è stata meravigliosa: iniziamo dalle note dolenti. La bretella di collegamento tra Collegiove e Marcetelli è in condizioni pessime. L’asfalto rotto si apre su buche di profondità considerevole con brecciolino pericolosamente incline a farvi cambiare traiettoria e andare contromano. Pezzi di sassi franati dal costone roccioso bloccano spesso uno dei due sensi di marcia. Insomma, una moto sportiva non potrebbe percorrere con serenità queste strade, una stradale si ma con cautela. Arrivato allo svincolo con le gole lo scenario che mi si è parlato davanti è stato disarmante. La strada inizia a scendere ma benché il percorso possa essere di interesse culturale, la strada bianca non è stata creata lasciando un fondale gestibile solo da moto da cross e jeep.
Con fatica decido di fare inversione e di proseguire verso Marcetelli dove, sempre con le dovute cautele, mi si apre uno scenario altrettanto desolante. Il paesino è completamente isolato, immerso in una natura meravigliosa accoglie il turista con un monumento ai caduti di Marcetelli.
Queste cose sono importanti, sono storia e vanno rispettati. Tra i nomi ne leggo uno: Vulpiani Biagio Angelo e, quando arrivo nella piazza principale (p.zza San Rocco) leggo un manifesto di necrologio di un certo Vulpiani. Tra poco vi spiego perché questo cosa è importante.
L’unico bar di Marcetelli è chiuso e tutte le case hanno le imposte chiuse, decido di tornare a Collegiove e fermarmi a prendere un caffè. Voi sapete ormai che io preferisco la natura ed il contatto umano alla velocità. Nella caffetteria della signora Gabriella, oltre ad un ottimo caffè, conosco e iniziò a parlare con il signor B. Per privacy metto solo l’iniziale. Mi chiede in che condizioni è la strada di collegamento con Marcetelli e scopro che la strada non è in un degrado temporaneo ma persistente a causa del disinteresse della Provincia e che entrambi i comuni hanno provato a sistemarla ma la competenza provinciale e la carenza di fondi ha reso tutto abbastanza vano. Alla conversazione si unisce la signora Gabriella, disillusa e con uno sguardo fermo: di quelli fieri e tenaci. Lei ci è nata in questa terra e ci sta vivendo una vita. Mi rendo conto di avere davanti due persone fiere, attaccate alla loro terra meravigliosa, disilluse dalle istituzioni che dovrebbero proteggere quella stessa terra ed esaltarla al pubblico e invece…
Dico loro di esser rimasto colpito, nonostante la strada, dalla bellezza naturale e dalle potenzialità di questo territorio che, vi assicuro, non finirà mai di stupirmi e li lascio con un po’ di malinconia sperando di tornare presto a trovarli. Se volete un buon caffè andate dalla signora Gabriella (via Roma 106 – Collegiove).È una comunità bellissima, aperta e cortese, fiera e rispettosa. Per un motociclista turistico è il massimo.Proseguo verso il lago del Turano e quindi scendo cedendo il passo ad un meraviglioso serpente argenteo che, ovviamente, tentava goffamente di attraversare le carreggiate in velocità.
Attraverso il ponte che taglia a metà il lago e mi fermo in una radura a scrivere buona parte dell’articolo che state leggendo. Ma allora dove è stato l’errore? Perchè quella strada non è più visitabile? Come potrete notare dalle due immagine che ho messo di seguito, il problema è nato perchè le immagini satellitari catturate da Google Maps risalgono all’agosto 2011, vale a dire a 7 anni fa. A quell’epoca la strada era percorribile ed era ben lontana dall’esser ridotta come lo è oggi. Offriva uno scorcio meraviglioso ai turisti che si addentravano nella natura di questo parco, e li conduceva illesi fino ad Ascrea.
Ad oggi la strada è stata praticamente cancellata dall’incuria dell’uomo, rendendo difficile la perlustrazione della zona (ammazzando così una possibile sorgente di turismo). Vi lascio alle foto della giornata.