Le persone migliori nei posti peggiori

Fermatomi a pranzo all’interno di una piccola trattoria in cui è presente solo un’altra persona, vengo coinvolto in un dialogo che ha quasi dell’assurdo se non fosse che lo trovo molto vicino alla mia filosofia di vita. Ricordate che siamo in una località di montagna, qui la gente non ha due cellulari e tre SUV. Qui se non hai la macchina giusta…ci rimani per strada e la macchina giusta non è un Porsche…generalmente è una panda 4×4 vecchio modello.

«Ma lei è di qui?»

«Sì…io sono cresciuto qui.»

«Strano, io conosco tutti qui…»

«Abbiamo amici in comune…i Ferri, il Pucino…Spadino…Palle Secche»

«Ah sì, certo! Ma lei è giovane per conoscerli»

«Per le amicizie giuste non c’è età. Sono brave persone.»

Lui ha 80 anni, siede a tre tavoli di distanza da me, siamo gli unici nel piccolo ristorante. Entrambi siamo stanchi, ce lo leggiamo negli occhi ma entrambi siamo arrabbiati; per motivi diversi la vita finisce per far arrabbiare quelli come noi.

Moriremo male noi…moriremo con la rabbia di chi avrebbe voluto un mondo migliore.

Vi starete chiedendo chi è Palle Secche: si chiama Mauro, fa un ottimo bianco ed è uno onesto. Lo chiamano così per prenderlo in giro dal liceo, ma lui non si è mai ribellato. Lui offre da bere a tutti.

Usciamo con queste maledette mascherine: fa freddo.

«Fa più freddo oggi che da morti»

È grasso, stanco ma soprattutto è solo: la moglie gli è morta anni fa e lui è rimasto con il figlio e i nipoti ma vive da solo per non gravare sulla famiglia. Vive seguendo la teoria dei cavalli (chi la conosce sa di cosa parlo) ed è una teoria che io condivido in pieno, soprattutto dopo che i tuoi sogni di vita assieme vanno a puttane e lui ne è la dimostrazione.

«Dove abita?»

«Lì» indica un punto sui cimini su cui si è addensata la nebbia.

«Bello»

«Inospitale ma a me non importa è la mia montagna. Solo che se muoio c’è il rischio che non lo sappiano tanto presto.»

«Lo so…»

Molte case sono isolate, senza strade battute, fatte di vecchie rocce (badate non mattoni…rocce). Lì si crepa dal freddo e la notte se ti si spegne la stufa a legna sono dolori seri.

«Ti piace vivere?»

Mi giro a guardarlo perchè la domanda cade come un fulmine a ciel sereno. Con tutto quello che sta accadendo nel mondo è difficile rispondere. E se mentissi? Sembra depresso. No…

«La vita fa schifo. La vita fa veramente schifo: bambini che muoiono senza una reale motivazioni, malattie, inquinamento, razzismo. La vita è uno schifo…ma a volte…»

«Già…a volte…»

Mi saluta e si avvia verso una FIAT panda arrugginita con la quale scalerà quella montagna.

A volte vale la pena vivere un altro giorno e poi un altro ancora e forse alla fine del viaggio le cose belle giustificheranno le tante cose che invece non vanno.

Ora sono nel salotto di casa, fuori dalla finestra è tutto buio, la montagna laggiù è scura come la notte che la avvolge e lui dovrà decidere se superare un’altro giorno.

«Guidavo una moto…»

«Quando.»

«Intorno ai venti anni. Rimorchiavo certe fiche che venivano da Roma, le donne sono il dono più bello del cielo.»

«Il cielo non manda doni. In questa vita non ti regala niente nessuno, nemmeno Dio che forse si è dimesso senza dircelo.»

«Sai, mi hai fatto venire in mente una cosa…dovrei insegnare a mio figlio a guidare la moto.»

Ecco, mancava questa parte prima del saluto. Ora ha un motivo in più per alzarsi il giorno seguente.

La verità è che le persone migliori si incontrano spesso nei posti peggiori…un po’ come la faccenda dei peggiori bar di Caracas.

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